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In Breve

| 25 maggio 2017, 20:39

Grazie popolo granata per averci ricordato che il calcio non è un semplice gioco, ma molto di più

Bambini, papà, mamme, nonni e nonne, tutti insieme, vestiti di granata, per l'inaugurazione del nuovo Filadelfia; l'esempio che il calcio è senso di appartenenza e va oltre il semplice risultato

Grazie popolo granata per averci ricordato che il calcio non è un semplice gioco, ma molto di più

“Come fate ad appassionarvi a 22 persone che corrono dietro una palla?”. Quante volte ogni tifoso di calcio, nel corso della sua vita, si è sentito dire questa frase, che nasconde un giudizio nei confronti della sua passione per questo magnifico sport? La più grande risposta a cosa si nasconda dietro la passione per il calcio è quella che hanno dato i tifosi granata, giunti in migliaia al nuovo Filadelfia, non per vedere una partita di calcio, ma per rendere omaggio a uno stadio che rinasce, anzi risorge.

Gente di tutte le età, bambini, papà, mamme, nonni, nonne, tutti vestiti rigorosamente di colore granata, uniti da una fede, quella per il Torino. Perché il calcio non è un semplice gioco, non finisce nei novanta minuti, ma si vive quotidianamente, è senso di appartenenza, una cosa di cui l’uomo ha sempre avuto bisogno e oggi non può più ritrovare in altri ambiti della società, vedi la politica, se non nel calcio e in altri sport.

Il Torino è quindi qualcosa da trasmettere di padre in figlio, perché un bambino di dieci anni conosce a memoria la storia del Grande Torino, ama il Toro Tremendista, oppure è innamorato di Gigi Meroni, come di Radice o, arrivando a tempi più recenti, conosce i nomi di Casagrande o Scifo, mentre nel frattempo veste la maglia di Belotti. Nulla riassume meglio quanto stiamo scrivendo, della t-shirt indossata oggi dalla maggior parte dei tifosi presenti, nella quale era raffigurato Valentino Mazzola insieme ad Andrea Belotti nel centro del campo all’interno del Filadelfia.

Come spiegare a chi non conosce il calcio, perché le vie attorno allo stadio Filadelfia fossero vestite di granata, nonostante appena tre giorni fa, sia arrivato il trentatreesimo tricolore della Juventus? Difficile far capire a chi non è tifoso, che un simbolo, un luogo, possa valere più di una vittoria. Ma in fin dei conti, questa giornata ha il valore di uno scudetto, perché oggi la tifoseria del Torino ha raccolto quello che ha seminato attraverso anni di lotte, si è riappropriata della sua storia. Una cosa che, in un periodo in cui si fa sempre più fatica a identificarsi con qualcosa, ha un valore altissimo.

Oggi, arrivato al Filadelfia come semplice giornalista che doveva documentare l’evento e non da tifoso granata, avendo da sempre abbracciato la fede per una squadra con i colori del cielo, anche in questo caso trasmessa di padre in figlio, ho faticato a mantenere la professionalità, probabilmente l’ho persa, ma era impossibile non emozionarsi, non lasciarsi coinvolgere davanti ai volti pieni di gioia di intere famiglie, ai nipoti che hanno accompagnato i nonni, fortunati testimoni del Grande Torino. I quali, come gli aedi nell’Antica Grecia, hanno cantato per anni la gloria di quella squadra, capace di rendere magico il Filadelfia, e oggi, finalmente, hanno avuto modo di condividere questo luogo insieme a chi ne ha raccolto l’eredità. Era impossibile non commuoversi di fronte a coloro che dedicavano un pensiero al padre, alla madre o al nonno, che oggi non ci sono più, ma hanno trasmesso questa fede, dando una linea di continuità alla storia del Torino. Era impossibile non sorridere di fronte ai bambini felici di essere lì, consapevoli, nonostante la giovane età, di aver abbracciato una storia che li accompagnerà per tutta la vita e che loro stessi dovranno trasmettere un giorno ai propri figli.

No, il calcio non è “ventidue persone che corrono dietro a un pallone”, ma molto di più. Grazie Torino, grazie Filadelfia, grazie magnifico popolo granata, per averlo ricordato a tutti.  

Giorgio Capodaglio

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