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Altri sport | 24 gennaio 2020, 10:00

Due torresi al cospetto dei giganti di pietra: esperienze di una corsa durissima

Oggi pomeriggio Giovanni Poetto e Marco Fraschia racconteranno la loro Tor de Géants, tra soddisfazioni ed inquietudini

Due torresi al cospetto dei giganti di pietra: esperienze di una corsa durissima

Hanno affrontato una delle corse in montagna più dure del mondo: 330 chilometri lungo le valli laterali della Valle d’Aosta e 24.000 metri di dislivello positivo al cospetto dei Giganti, cioè le cime che superano i 4.000 metri s.l.m. tra le più importanti dell’arco alpino. Uno ha gareggiato, mentre l’altro l’ha percorsa in solitaria, senza assistenza logistica e medica.

I torresi Giovanni Poetto e Marco Fraschia oggi, venerdì 24 gennaio, nell’aula docenti del Liceo valdese di Torre Pellice (via Beckwith 1) racconteranno la loro esperienza al Tor de Géants.

Durante l’incontro, in programma per le 17, verranno proiettate immagini della loro avventura che li ha portati a correre e camminare anche di notte, pur di portare a termine il percorso nei tempi adeguati alle aspettative. Caratteristica del Tor infatti è che si svolge in una sola tappa con un tempo limite di 150 ore che ognuno può gestire in autonomia. La gara si è svolta dall’8 al 15 settembre ed ha partecipato solo Poetto mentre Fraschia ha fatto lo stesso percorso ma in solitudine nel mese di agosto.

Grazie al suo lavoro da panettiere, Poetto sa gestire le giornate di poco sonno tuttavia non nasconde che il Tor l’abbia messo alla prova: «In circa 5 giorni di corsa e camminata avrà dormito circa 5 ore, il resto sono state solo piccole pause per tirare il fiato. Nella vita quotidiana sarebbe impossibile sostenere tali ritmi ma il movimento e l’adrenalina della gara hanno contribuito a sostenermi». Poetto è arrivato 228°, portando a termine la gara in 127 ore e 35 minuti: «Un buon risultato anche se si tiene conto che circa il 40% dei partecipanti si è ritirato. Dopo i primi chilometri lo spirito di competitività svanisce e l’unico obiettivo è portare a termine la gara». Il ricordo più forte, oltre all’emozione del paesaggio, è il sollievo dell’arrivo del mattino: “Quando alle prime luci dell’alba potevo spegnere il frontalino, tiravo il fiato rincuorandomi: un’altra notte è passata!». Proprio la mancanza di sonno influisce sulle prestazioni degli atleti impegnati in una gara che nelle edizioni passate ha registrato cadute e incidenti, uno mortale nel 2013.

Marco Fraschia, preside del Liceo valdese, ha percorso gli stessi sentieri in solitaria ad agosto, senza l’assistenza logistica e medica fornita dal Tor de Géants: «Ho impiegato 7 giorni e 12 ore quindi non sarei stato nei tempi della gara ma sono soddisfatto perché l’obiettivo che mi ero prefissato era di completare il giro in 8 giorni e 8 ore”.

A differenza di chi gareggia, Fraschia ha dovuto viaggiare carico del necessario per trascorrere giorni in alta quota, come loro però ha resistito al sonno per la maggior parte del tempo: “Sono quattro le notti che ho passato camminando continuamente ed è l’aspetto più inquietante di tutta l’esperienza». In particolare ricorda lo sforzo per affinare l’attenzione necessario, al buio, per non perdere il sentiero: «Per me non c’erano le bandierine catarifrangenti posizionate per la gara e che si illuminano una volta puntate con il frontalino. Ho dovuto orientarmi solo individuando, di volta in volta, le frecce gialle che indicano il sentiero”.

Elisa Rollino

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