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In Breve

| 21 maggio 2019, 12:00

Toro, cosa resta (di buono) in una stagione da 60 punti. Anche senza Europa

Mai negli ultimi 25 anni il Toro aveva fatto così bene: difesa super (con l’eccezione di Empoli) e un ritrovato spirito granata le note liete. Più qualità a centrocampo e un partner di valore per Belotti i punti su cui lavorare per il futuro. Zaza e Iago Falque le delusioni

Toro, cosa resta (di buono) in una stagione da 60 punti. Anche senza Europa

E’ la vecchia storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda di come lo si guarda. Se a inizio stagione avessero detto che il Toro, alla vigilia dell’ultima di campionato, avrebbe avuto 60 punti, la stragrande maggioranza dei tifosi e della critica avrebbe messo la firma.

Poi, pensando che dopo la vittoria sull’Atalanta a fine febbraio i granata si erano issati in zona Europa, che il successo contro il Milan un mese fa aveva fatto addirittura sognare la Champions, mentre adesso la gara di domenica prossima contro la Lazio (messa in programma dalla Lega alle ore 15) assomiglia ad una amichevole, non avendo più nulla in palio, aumenta solo i rimpianti e la delusione. Che sui social e sui forum granata ha lasciato spazio a commenti anche molto pesanti, esagerati, immeritati nei confronti di un gruppo che fino alla partita di Empoli aveva fatto ampiamente il suo e forse anche qualcosa di più.

Il Toro è crollato in prossimità del traguardo, messo k.o. psicologicamente dalla vittoria della Lazio in Coppa Italia, che aveva reso inutile la difesa del settimo posto, rendendo necessario arrivare sesti per centrare l’obiettivo Europa. Ma, alla luce anche dei risultati di Roma e Milan, al Toro non sarebber bastato neppure chiudere a quota 66. L’Empoli, rinvigorito dalla ultime vittorie e dal mezzo passo falso di sabato del Genoa, ha affrontato la sfida di domenica sapendo che una vittoria l’avrebbe rimesso in corsa alla grande per la salvezza, garantendo il sorpasso sui rossoblu. E questo si è visto nella prima mezz’ora, quando la squadra di Andreazzoli ne aveva di più del Toro.

Poi il solito Belotti ha suonato la carica, sfiorando quel pari arrivato poi ad inizio ripresa con Iago Falque. Il Toro a quel punto ha provato a vincerla, conscio che un pareggio non sarebbe servito a nulla, ma una bambola difensiva ha regalato il 2-1 al neo entrato Brighi. Sotto a metà ripresa, come era già successo contro il Sassuolo, stavolta i granata non hanno avuto la forza di ralzarsi e hanno preso altre due sberle, incassando la sconfitta più pesante dell’ultimo anno e mezzo. Ma i tifosi giunti in Toscana hanno capito, applaudendo i giocatori e chiamandoli sotto la curva alla fine.

Da questo rinnovato connubio pubblico-squadra si deve ripartire. Per rispetto della gente granata domenica si deve battere la Lazio per chiudere settimi a quota 63. E se non basta per l’Europa quest’anno (a meno che il Milan non venga escluso dalla Uefa, come ipotizzato da alcuni testate nella giornata di domenica, a seguito del mancato rispetto dei parametri del fair play finanziario), sicuramente una quota del genere lo sarà l’anno prossimo. Perché la storia insegna che superare i 60 punti è garanzia quasi sempre di Europa, il Toro ha trovato la stagione sbagliata ma tante cose sono state giuste.

La difesa, fino alla partitaccia di Empoli, era stata una garanzia, con la porta rimasta inviolata per quasi 600 minuti tra fine gennaio e inizio marzo, con un portiere di assoluta affidabilità come Sirigu e due elementi di valore come Nkoulou e la sorpresa Izzo. Da loro si dovrà ripartire, perché una squadra che concede poco ha molte chance di fare strada. Servirà ancora un ritocco al reparto, tanto più che il veterano Moretti appenderà le scarpe al chiodo, ma tra Djidji e Bremer c’è anche qualcosa di buono da poter pescare in panchina. Mazzarri ha bisogno invece che la società gli regali almeno un centrocampista (se non due) di maggiore qualità, perché quello è il reparto dove il Toro è più corto numericamente e più povero dal punto di vista tecnico, anche se dal punto di vista del carattere e dello spirito nessuno merita la bocciatura.

Però, facendo una analisi critica, solo Baselli e Ansaldi sono giocatori di un certo spessore, Rincon è una garanzia per il suo spirito di abnegazione, gli altri (compreso quel Meité che aveva fatto sognare nel girone di andata, prima di evaporare) sono buoni comprimari, ma nulla più, a meno che il serbo Lukic sappia progredire ancora. Mentre il jolly Berenguer è stata una delle note più liete, reinventato incursore in un finale di stagione che lo ha visto brillante protagonista. Ma è evidente che la società dovrà comunque muoversi nella direzione di puntellare il centrocampo.

Probabilmente non con Petrachi, il direttore sportivo diretto verso Roma, ma se il suo erede, chiunque esso sia, saprà ascoltare i consigli di Mazzarri, il Toro porterà a casa quel che gli serve per fare il salto di qualità. Davanti, accanto all’intoccabile capitan Belotti, che nonostante le critiche di qualcuno ha messo a segno 15 reti, vestendo spesso e volentieri i panni del trascinatore, bisogna capire cosa si vorrà fare di Zaza e Iago Falque, le delusioni della stagione (assieme a Soriano, che era stato spedito già a gennaio). Quattro gol il primo, cinque il secondo: una miseria.

Zaza avrebbe dovuto essere il partner o l’alternativa di lusso per il Gallo, non ha saputo essere né una cosa né l’altra, Iago è stato condizionato da una infinita serie di guai fisici, che gli hanno impedito di raggiungere la doppia cifra come nelle due stagioni precedenti. Ma la sensazione è che sia l’ex bianconero che lo spagnolo non siano punte in grado di fare la differenza in una squadra che voglia puntare in alto. Comprimari di lusso, magari, ma non titolari in una squadra che sia capace di arrivare tra le prime sei.

La società e Mazzarri faranno a breve le valutazioni del caso. Domenica all'Olimpico sarà una passerella per tutti, in cui non mancheranno gli applausi. Poi si inizierà a progettare il futuro, sapendo che, per la prima volta dopo tanti anni, a questo Toro servono dei ritocchi e non una mezza rivoluzione.

Massimo De Marzi

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